Il contribuente ha impugnato in Cassazione una sentenza della Commissione Tributaria Regionale che aveva ritenuto la residenza anagrafica quale riferimento da assumere per la definizione di abitazione principale.Il ricorrente si era visto così negare l’applicazione dell’agevolazione “prima casa” in quanto, di fatto, non aveva provato che l’indirizzo dell’immobile dallo stesso indicato, diverso dalla residenza anagrafica, presentasse tutti i requisiti richiesti per potersi definire dimora abituale. La Cassazione ha invece conferma la legittimità dell’operato del Comune ribadendo la presunzione relativa di coincidenza tra la residenza anagrafica e l’abitazione principale e ritenuto le bollette delle utenze (luce, acqua, gas) prova non sufficiente a dimostrare la coincidenza tra dimora abituale volontaria e la residenza anagrafica, potendosi le stesse riferirsi anche ad immobili abitativi e residenziali secondari.