Massima:
L’art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 214 del 2011, come modificato dall’art. 4, comma 5, del d.l. n. 16 del 2012, prevede che «Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente». Ciò comporta, che ai fini dell’applicazione della norma agevolativa, in riferimento alla stessa unità immobiliare tanto il possessore quanto il suo nucleo familiare non solo devono dimorarvi stabilmente, ma risiedervi anche anagraficamente. Trattandosi di norma agevolativa e, quindi, di stretta interpretazione (Corte di cassazione sez. 5, 11 ottobre 2017, n. 23833; sez. 6-5, ord. 3 febbraio 2017, n. 3011; Corte Costituzionale 20 novembre 2017, n. 242), non è consentita un’interpretazione che pretenda di estendere l’agevolazione in esame alle ipotesi in cui i componenti del nucleo familiare hanno stabilito la residenza in due distinti comuni. Ciò che consente di usufruire del predetto beneficio fiscale è la sussistenza del doppio requisito della comunanza della residenza e della dimora abituale di tutto il nucleo familiare nell’immobile per il quale si richiede l’agevolazione, derogabile solo nel caso di immobili insistenti nel medesimo territorio comunale.