Considerato che la L. 160/2019 ha istituito, in materia di affissioni pubblicitarie, il “canone unico” dall’1.1.2021 (art. 1 comma 837);
Ritenuto, nell’ambito della valutazione tipica della fase cautelare, che in capo al Comune sussiste anche un potere di variazione delle tariffe (facoltà che è stata espressamente fatta salva dal legislatore con il comma 817 dell’art. 1 della L. 160/2019), con possibilità di legittima graduazione;
considerato che il principio della potestà regolamentare assegnato ai Comuni è generale e in materia di concessione di tributi trova un limite solo nelle materie costituzionalmente coperte da riserva di legge (sanzioni, procedure contenziose,…cfr ord. CS n. 4989 del 28 agosto 2001, richiamata nella risoluzione n. 3/DF del 17.4.2020 del MEF)
ritenuto che la tariffa “standard” non può essere considerata anche tariffa “massima”;
ritenuto che il regolamento comunale ha individuato criteri dotati di ragionevolezza in considerazione dell’effetto e del “peso” che scaturiscono dal messaggio di trasmissione della pubblicità;
considerato legittima la volontà, tradotta in Regolamento, di evitare un “appiattimento” rispetto a situazioni oggettivamente diverse, considerando la classificazioni delle strade, la tipologia della pubblicità (opaca o luminosa), la durata, assicurando un maggior gettito nelle vie con maggior passaggio e, quindi, recepimento del segnale;
per quanto attiene la questione di costituzionalità della norma “fonte” il Collegio ritiene che non sussistano gli estremi invocati di dubbio in ordine alla validità della citata disposizione nazionale del 2019 di riforma del canone unico.