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RIFIUTI – Riduzione della superficie solo se è provato l’autosmaltimento

La riduzione della superficie tassabile muove dunque non dalla generica destinazione dell’immobile ad attività industriale, ma dalla specifica indicazione e dimostrazione delle aree che, all’interno dello stabilimento, producono prevalentemente rifiuti (speciali) esenti da privativa comunale, perché non assimilati assimilabili ai rifiuti urbani e, come tali, assoggettati ad autosmaltimento.

 

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Niente TARSU per i locali che producono rifiuti speciali e non urbani

Massima:  Il presupposto impositivo della Tarsu consiste nel possesso, l’occupazione o la detenzione, a qualsiasi titolo, di locali o di aree scoperte a qualunque uso adibiti. Nei confronti del possessore e detentore dell’immobile sussiste una presunzione legale relativa di produzione di rifiuti, risultando a carico del contribuente l’onere di fornire la prova contraria. L’Amministrazione comunale deve fornire la prova della fonte dell’obbligazione indicando nell’atto impositivo le superficie tassabili, mentre è onere del contribuente dimostrare la sussistenza delle condizioni per beneficiare della riduzione della superficie tassabile ovvero dell’esenzione, trattandosi di eccezione rispetto alla regola generale del pagamento dell’imposta sui rifiuti urbani nelle zone del territorio comunale.

Con specifico riferimento allo smaltimento dei rifiuti speciali si ritiene che, al di là dell’omessa presentazione della Comunicazione prevista dal Regolamento Comunale, il fatto concreto e documentato del sostenimento, da parte della società, degli oneri di smaltimento a mezzo di servizio privato, debba giustificare la correlativa riduzione della pretesa impositiva sui rifiuti urbani al fine di evitare l’ipotesi di una illegittima doppia imposizione. (Cass, Sentenze nn. 19720/2010, 3772/2013, 16858/2014, Ordinanze nn. 19469/2014, 10634/2019, 21011/2021).

IMU – Il fondo patrimoniale tra coniugi non sempre configura la proprietà

Massima:  La convenzione costitutiva del fondo patrimoniale posta in essere tra coniugi ai sensi dell’art. 167 c.c., che realizza un vincolo di destinazione su determinati beni affinchè i loro frutti assicurino il soddisfacimento dei bisogni della famiglia, non configura necessariamente la traslazione della proprietà deI beni compresi nel fondo perché l’art. 168 1° comma c.c. prevede che essa possa contenere pattuizioni intese a consentire a ciascuno dei coniugi la conservazione della titolarità esclusiva dei suoi diritti individuali sui beni vincolati. Ne consegue che, nel caso di inserimento nella convenzione di una tale clausola di salvaguardia, risultante dalla documentazione prodotta in grado di appello, è infondato l’accertamento Imu notificato al coniuge non titolare del diritto di proprietà o di altri diritti reali, né è conferente l’argomento mosso dal Comune di Roma che il contribuente titolare del diritto, cui ea stato accertato solo il 50% dell’Imu, avrebbe dovuto eccepire la insufficienza della pretesa tributaria avanzata nei suoi confronti dal Comune. (G.T.).

Riferimenti normativi: artt. 167 e 168 c.c.

Riferimenti giurisprudenziali. Cass. 19166/2003; 15171/2009; 3085/2016.

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Le occupazioni a fini di lucro realizzate da una S.p.A. pagano la TOSAP

la corte ha correttamente ritenuto per un verso che presupposto per l’applicazione della TOSAP è, come nel caso di specie, l’occupazione del suolo comunale che faccia parte del patrimonio indisponibile e per un altro verso che, svolgendo la parte contribuente un’attività che non costituisce un servizio pubblico ma è indirizzata a fini di lucro da parte di un soggetto privato costituito nella forma di società per azioni.