Canone Unico

Giurisidizione ordinaria per gli accertamenti esecutivi del Canone Unico

Deve essere dichiarato il difetto di giurisdizione sull’impugnazione dell’avviso di accertamento, spettando al giudice ordinario la cognizione delle controversie attinenti al pagamento dei canoni concessori, tra i quali deve farsi rientrare anche il CUP, introdotto dall’art. 1, co. 816-836, l. 160/2019 in sostituzione – per gli aspetti relativi all’occupazione di suoli pubblici – del COSAP (cfr. T.A.R. Bari, Sez. III, 17 febbraio 2022, n. 260; cfr., in relazione al COSAP, Corte Cost., 14 marzo 2008, n. 64).

A diverse conclusioni non conduce il carattere impositivo dell’atto impugnato. L’art. 1, co. 792, l. 160/2019 ha previsto l’utilizzo del cd. avviso di accertamento esecutivo sia per i tributi sia per le «entrate patrimoniali» degli enti locali. Benché la pretesa economica possa essere realizzata dal Comune in via diretta e senza l’intermediazione di un giudice, l’avviso di accertamento non costituisce un provvedimento amministrativo, ossia un atto di esercizio della funzione di amministrazione attiva, rimanendo un atto espressivo di una pretesa patrimoniale, sebbene escutibile coattivamente dall’amministrazione. La sussistenza della giurisdizione ordinaria è del resto confermata dal richiamo, compiuto dallo stesso art. 1, co. 792, l. 160/2019, all’art. 32 d.lgs. 150/2011, che disciplina l’opposizione, da espletarsi dinanzi al giudice ordinario, all’ingiunzione per il pagamento delle entrate patrimoniali degli enti pubblici.

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Il Comune non può rinunciare alla riscossione del COSAP

La motivazione che precede non viola le disposizioni di legge invocate ed è conforme alla giurisprudenza di questa Corte che ha avuto modo di affermare che il diritto al canone Osap trova la sua fonte nel provvedimento concessorio, ma non può essere considerato oggetto di trattativa privata: l’obbligazione di corrispondere il canone nasce (non con l’accertamento, ma) con l’occupazione del demanio pubblico, con o senza titolo; ed il diritto al canone Osap e la sua determinazione non possono essere oggetto di rinuncia.

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Non basta il criterio cronologico nel caso di più istanze per lo stesso suolo pubblico

Trattandosi del concorso di più domande concernenti – in parte – la medesima porzione di suolo pubblico, era infatti indispensabile, prima di operare le opportune valutazioni e di decidere sulle due istanze, acquisire il punto di vista dei concorrenti circa le condizioni di priorità di cui all’art. 7 comma 3 del regolamento comunale, onde verificare, alla luce delle rispettive prospettazioni e del doveroso (in quanto imposto anche dalla D.G.C. n. 31/22) contemperamento dei contrapposti interessi, quale delle due rispondesse maggiormente all’interesse pubblico, o imponesse il minor sacrificio alla collettività: si tratta di condizioni che, in quanto inerenti ogni tipo di concessione amministrativa (argomenta ex art. 37 cod. nav.), prevalgono sulla mera priorità temporale, e non sono certo subordinate ad essa, come illegittimamente ritenuto dal Comune.

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Il pagamento della TOSAP non equivale al rilascio di titolo edilizio

La circostanza, inoltre, che il Comune nel corso degli anni abbia preteso il pagamento della tassa per l’occupazione del suolo pubblico, non può ritenersi equivalente al rilascio di un titolo edilizio o paesaggistico di natura permanente: in primo luogo perché un titolo edilizio deve essere rilasciato in forma espressa, dovendosi riferire a opere specificamente individuate; in secondo luogo perché la TOSAP costituisce una debenza la cui causa non risiede nella trasformazione del territorio, ma semplicemente nella occupazione di uno spazio di proprietà pubblica, di cui il privato si avvantaggia, ragione per cui il pagamento della TOSAP prescinde completamente dalla esistenza di un titolo edilizio, potendo essere applicata a qualsiasi manufatto o oggetto che occupi uno spazio pubblico.

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Le occupazioni con reti di comunicazione pagano solo il prelievo sul suolo

In definitiva, le occupazioni di suolo pubblico destinate alla realizzazione di reti di comunicazione elettronica sono soggette solamente alla Tosap/Cosap, sostituiti, in forza dell’art. 1, commi 837 e 838, l. 160/2019, da un canone unico.

La prescrizione è stata confermata dall’art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 33/2016, recante le “misure volte a ridurre i costi dell’installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità”.

La norma da ultimo citata, d’interpretazione autentica, conferma il regime normativo derogatorio previsto all’art. 93 del codice delle comunicazioni elettroniche, ribadendo che le amministrazioni pubbliche non possono richiedere il pagamento agli operatori del settore di nessun onere economico altro e diverso dalla Tosap o dal Cosap (recte: canone unico).

Pertanto il pagamento del deposito cauzionale, preteso dal Comune resistente, invocando l’applicazione dell’art. 36 del Regolamento urbanistico edilizio, è illegittimo, al pari del Regolamento ove interpretato nel senso di impedire l’applicazione della disciplina speciale e derogatoria del codice delle comunicazioni elettroniche, che esclude l’applicazione di oneri economici a carico degli operatori di questo settore diversi ed ulteriori rispetto alla Tosap/Cosap.