A fronte di una sistematica disattenzione nella gestione del fenomeno della pubblicità abusiva, sia sotto il profilo autorizzativo/concessorio, che sotto quello fiscale e sanzionatorio, da cui emergono mancati introiti da sanzioni amministrative, imposta di bollo, diritti di istruttoria e segreteria, scatta un pregiudizio patrimoniale nei confronti dell’Ente tale da configurare precise responsabilità amministrative per i funzionari e per gli amministratori.
L’ omessa adozione di iniziative volte a contrastare e a rimuovere il fenomeno dell’abusivismo pubblicitario, desumibile anche dal non aver assunto provvedimenti quali diffide, sanzioni, rimozioni coattive o inviti alla regolarizzazione, finisce poi con l’ingenerare un negativo impatto estetico dell’impiantistica abusiva sull’assetto urbano.
In tale contesto, risultando ignorate le disposizioni e le prescrizioni di cui al Codice della strada per la collocazione degli impianti, si pongono inoltre serie criticità e pericoli anche in ordine alla sicurezza della circolazione stradale.
Non può essere invocato ad esimente, nel periodo contestato, il rilievo dell’intervenuto incremento del gettito dell’imposta comunale sulla pubblicità dipendendo, quest’ultimo, da fattori diversi. Viene tra l’altro rievato anche che la dichiarazione presentata ai comuni ai sensi dell’art. 8 del D. Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, e successive modificazioni, non sostituisce l’autorizzazione prevista dall’art. 23 del Codice e che la collocazione di cartelli ed altri mezzi pubblicitari non può essere ricompresa tra le attività che possono essere avviate ai sensi dell’art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, senza titolo autorizzativo con una semplice denuncia di inizio attività.
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