Imposta Pubblicità

CANONE IMPIANTI PUBBLICITARI – Mezzi su aree ferroviarie – Imponibili – Cassazione – Ordinanza 13387 del 17/5/2019

E’ evidente che anche con riferimento al sottosuolo demaniale destinato ad accedere ai servizi della metropolitana e della funicolare si pone il problema di tutelare e valorizzare il decoro urbano, inteso quale insieme di beni e valori comportamentali della comunità locale e degli operatori economici, assicurando adeguati livelli qualitativi che garantiscano la piena fruibilità del patrimonio, sia pubblico che privato, da parte dei cittadini e degli operatori commerciali. A tal fine, a titolo meramente esemplificativo, anche nelle predette aree è vietato: a) danneggiare, deturpare o porre in essere azioni dirette a ledere con scritte, affissioni, disegni od ogni altro mezzo i beni appartenenti al patrimonio pubblico; b) affiggere manifesti e qualunque altra forma di informazione e/o comunicazione e/o pubblicità al di fuori degli spazi autorizzati nonché coprire o deteriorare manifesti affissi per concessione dell’autorità comunale.

Orbene, dovendosi qualificare le Stazioni di Metrò e Funicolare come beni pubblici demaniali, le aree rientravano nel demanio comunale, con la conseguenza che il Comune, e per esso la concessionaria Elpis s.r.I., ben aveva comunque il potere di sanzionare l’omesso pagamento del canone per la installazione di mezzi pubblicitari.

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IMPOSTA PUBBLICITA’ – Veicoli – Rileva la mera disponibilità

Oggetto di tassazione è il “mezzo pubblicitario” con il quale si effettua la pubblicità stessa e non il tempo dedicato alla medesima; quindi è la superficie del veicolo pubblicitario utilizzato a determinare il quantum debeatur, e non il tempo della pubblicità.

Questa Corte ha affermato che il vero oggetto dell’imposta di pubblicità non è la concreta utilizzazione del mezzo pubblicitario, bensì la semplice “disponibilità” dello stesso, indipendentemente dalla concreta trasmissione dei messaggi pubblicitari (Cass. 1 settembre 2004, n. 17614).

Non vi è, dunque, correlazione fra il “tempo” dedicato alla divulgazione della pubblicità, con la “superficie del veicolo impiegato” per la sua manifestazione.

L’imposta di pubblicità, come ben si vede, colpisce l’occupazione geometrica, vale a dire fisica del mezzo utilizzato per diffondere il messaggio pubblicitario, e non il tempo utilizzato per la pubblicità stessa. Può essere definita “un’imposta di occupazione” e non di “tempo”, seppur svolta con messaggi ripetitivi (Cass. 17/2011).

IMPOSTA PUBBLICITA’ – Denuncia di variazione – Modalità applicative

“…è configurabile una nuova imposizione (limitata al solo conguaglio) solo se è modificata la superficie o il tipo di pubblicità intendendosi in quest’ultimo caso un cambiamento delle forme o degli strumenti del messaggio. Va inoltre osservato che la portata applicativa della previsione di legge su richiamata nel momento in cui stabilisce una maggiorazione dell’imposta non può che essere strettamente limitata alle sole ipotesi come ivi descritte… La variazione produce un nuovo debito di imposta solo se essa corrisponde ad un aumento della superficie o ad una modificazione del tipo di pubblicità che comporti l’applicazione di un imposizione maggiore.”

IMPOSTA PUBBLICITA’ – Consiglio di Stato – Sentenza 2727 del 29/4/2019 – Il pagamento dell’imposta non rileva ai fini autorizzatori

“Per altro assorbente verso, la stessa formazione del silenzio assenso deve ritenersi pregiudizialmente preclusa in subiecta materia (cfr. Cass., sez. VI, 9 gennaio 2018, n. 285 cit. e numerosi precedenti conformi): ciò che è dato desumere dal chiaro tenore letterale degli artt. 3, comma 3, del d.lgs. 507/1993 e dall’art. 23, comma 4, del codice della strada (d.lgs. 285/1992), a mente del quale ultimo “la collocazione di cartelli e di altri mezzi pubblicitari lungo le strade o in vista di esse è soggetta in ogni caso ad autorizzazione da parte dell’ente proprietario della strada nel rispetto delle presenti norme”.

A fronte di ciò è evidente che alcun rilievo può essere conferito all’ipotetico pagamento dell’imposta sulla pubblicità, che non dimostra di per sé, neppure in via implicita, l’esistenza di un valido titolo autorizzativo a necessaria consistenza provvedimentale; e ciò neppure nel caso in cui sia la stessa Amministrazione comunale a richiedere la corresponsione della relativa somma.

Peraltro, atteso che la semplice esposizione del messaggio promozionale (sia esso autorizzato o meno) costituisce di per sé presupposto dell’imposta (cfr. Cass. 22 febbraio 2002, n. 2555, che argomenta dal vantaggio di fatto conseguito dal privato, ancorché sine titulo), il pagamento di quest’ultima (operante, con ciò, anche in caso di abusività dell’impianto) non è comunque (id est: a prescindere dagli assorbenti rilievi che precedono) idoneo a comprovare alcunché in ordine alla legittimità dell’impianto.”

IMPOSTA PUBBLICITA’ – Poste – Vetrine – Mezzi in connessione – Non ravvisabile – CTR Emilia Romagna – Sentenza 641 del 28/3/2019

“…A parere di questo Collegio, appurati i requisiti dell’identico contenuto e della riferibilità dei suddetti mezzi al medesimo soggetto, difetta della necessaria condizione richiesta dalla norma: la collocazione delle insegne, perché queste possano considerarsi in connessione tra loro, deve rendere evidente e percepibile il collegamento logico funzionale e inscindibile esistente tra gli stessi mezzi pubblicitari. Nel caso in esame, non è possibile riscontrare tale necessaria condizione, considerato che le vetrine dell’Ufficio Postale, conservano ognuna una loro autonomia…”

CONFORME: