canone unico

Sulla sede dell’attività sono autorizzabili più INSEGNE DI ESERCIZIO

Consiglio_Di_Stato_Sentenza_6916_14_10_2021

non è individuabile una base normativa di un divieto di installazione su edificio aziendale di più insegne di esercizio e diun automatismo ostativo per insegne di esercizio ulteriori rispetto alla prima. Un tale effetto troverebbe “smentita, sia pure a fini tributari” nell’art. 2-bis co.6 del d.l. n. 13/2002, introdotto in sede di conversione dalla l. n. 75/2002, il cui ultimo periodo prevede una forma di esenzione dal canone in caso di pluralità di insegne: infatti, “in coerenza con il dato normativo, non è peraltro corretto sul piano logico escludere la funzione di segnalazione agli automobilisti del luogo in cui si esercita l’attività di impresa, tipica dell’insegna ex art. 2568 Cod. civ., per il solo fatto che questa non sia una e una sola. A livello astratto la pluralità di insegne può infatti essere giustificata sulla base della conformazione fisica dei luoghi e del reticolo stradale, e dunque delle vie di accesso veicolare alla sede dell’impresa” (Cons. Stato, 29 marzo 2021, n.2587).

Il rinnovo o il rilascio del passo carraio prescinde dal classamento dell’immobile cui è destinato

In nessun modo, dunque, il rilascio o il rinnovo del varco di accesso appare subordinato alla tipologia di classamento dell’immobile (il quale assumerà, eventualmente, rilevanza nel distinto procedimento di autorizzazione all’esercizio di una determinata attività). Ne deriva che l’aver posto a fondamento del diniego di rinnovo dei ridetti passi carrabili motivazioni afferenti alla diversa questione della possibilità o meno di adibire l’immobile nella disponibilità della ricorrente all’attività di autorimessa pubblica configura una tipica ipotesi di sviamento di potere e determina l’illegittimità del provvedimento così adottato.

Legittimo il diniego se l’occupazione di suolo pubblico crea intralcio al traffico pedonale o genera assembramenti

non appaiono censurabili, in primoluogo, gli accertamenti e le valutazioni compiuti dalla Polizia locale, in ordine
alla situazione problematica della “zona” in contestazione, laddove, a causa dell’alto flusso pedonale (confermato, come detto, da quanto previsto dalla delibera della Giunta Comunale n. 151 del 04/04/2014), un ingombro del sedime pubblico, finalizzato al consumo da parte degli avventori, reca il pericolo, da un lato, di determinare o aggravare situazioni di potenziale assembramento, e, dall’altro lato, di ostacolare in modo rilevante il corretto flusso pedonale, in una situazione sanitaria generale in cui è opportuno, se non necessario, nell’ottica anche del principio di precauzione, evitare il rischio
di creare possibili fonti di ripresa del pericolo pandemico

CANONE UNICO – PUBBLICITA’ – La nozione di insegna di esercizio secondo il Consiglio di Stato

Per insegna di esercizio va intesa l’insegna che risulti installata sulla sede dell’attività per individuare l’azienda nella sua dislocazione fisica, e che non contenga alcun elemento teso a pubblicizzare l’attività produttiva dell’impresa, limitandosi soltanto a segnalare la denominazione dell’impresa medesima, nel rispetto del dettato dell’art. 47 del D.P.R. n. 495 del 1992, quanto a dimensioni e luminosità (Cons. Stato, sez. IV, 28 giugno 2018, n. 3974; id. 25 novembre 2013, n. 5586).

CANONE UNICO – Dehor – Differenza tra struttura permanente e temporanea – Consiglio di Stato – AFFARE 368 del 10/6/2021

in sostanza, occorre avere riguardo all’uso cui il manufatto è destinato, nel senso che, se le opere sono dirette al soddisfacimento di esigenze stabili e permanenti, deve escludersi la natura precaria, a prescindere dai materiali utilizzati e dalla tecnica costruttiva applicata (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 24 luglio 2020 n. 4726 e 19 marzo 2020 n. 1951 nonché Sez. VI, 11 gennaio 2018 n. 150);

– anche ritenendo, dunque, il carattere smontabile o facilmente amovibile della struttura in ogni caso ai fini della qualificazione della natura dell’opera come precaria deve farsi riferimento alla sua destinazione e quindi, per mantenere il carattere di precarietà deve costituire un’opera che non sia funzionale al soddisfacimento di esigenze stabili e durature nel tempo (cfr., ancora, Cons. Stato, Sez. VI, 3 giugno 2014 n. 2842);